We are the melody of life

Why do we need so many songs to remember where to ride?
Why did we come here or where do we come from?
Why do we keep everything locked inside?

Why do we finally say, we’re okay? – But we’re not.
Why do we need so much death, to remember everything has an end?
Why do we keep living with this knot?

Why do we keep seeking for so much love, my friend?
Why do we need so many scars to remember we are nothing, but still so much worth? Why will we keep asking questions ’til the end?

Che ne sarà di noi?
Perché nasciamo, se poi moriamo?

Siamo così indispensabili per il tempo o è solo uno scherzo della natura?
Vedo come nasce per poi morire indegnamente, oh povera creatura!

Domande che pongo, risposte che forse aspetterò in eterno.
Risposta che indugia ad arrivare, riposta che ci verrà donata nell’inferno.

Che sarò dopo che sarò morto? Sarò ancora, non sarò più o sarò mai stato?
Tanta fatica, troppa spazzatura, quanto dolore. Sono devastato!

Why do we need so many songs to remember where to ride?
Why do we need so much death, to remember everything has an end?
Why do we keep seeking for so much love, my friend?
Why do we keep everything locked inside?

Un giorno mi chiedesti: “Che vorresti diventare dopo la morte?”

Vorrei essere un fantasma che può viaggiare per lo spazio e per il tempo
e mai essere fermato dal maltempo, da un contrattempo, sarebbe un vero passatempo.

Sapere tutte le verità, vedere come nasce il mondo, sapere tutte le bugie del mondo, Conoscere le vere intenzioni di ognuno di noi, finché non mi confondo.

Ma lei…

Voglio diventare musica, un brano o una sola nota.
Essere una sola nota fra tante e insieme diventare una melodia.
Viaggiare insieme ad altri e mai essere una sola nota remota.

Spreading happines, helping people, making them smile.
We all finally being music, yes that’s my style!

Ogni persona una melodia, una musica per far ballare le persone sulla terra.
Dando le risposte che cercano in forma di una canzone.

She showed me how beautiful it is, if we all will become a melody.
Going through the radios, through people’s voices, remembering all the people, what we are, what we are made of, what it will be with us and why we came here.

La solitudine è…

La solitudine è il rimbombo della tua stessa voce.
… capire troppo tardi i momenti dove non eri solo.
… parlare con qualcuno ma sentire solo la tua stessa voce
… vedere così nitido, ma non sentire nulla.
… essere aperto, ma gli altri alzano sempre un muro.
… quando non sei l’essenziale.
Ti fermi e vedi come tutto continua ad andare. Va anche senza di te.
Vai la caccia del tesoro, tu: vai in ogni direzione, ma non prendi nulla.
Conosci le tutti, ma loro non conoscono te.
E inizi a pensare …
Quel vuoto che può essere profondo quanto una briciola, una balena o un pianeta.
E non sai mai quanto grande è …
Quel languorino, ma tante volte senza quelle vibrazioni e non fa rumore.
Lo sai che non è troppo tardi ma l’orologio al polso te lo sei dimenticato in bagno sotto la doccia, magari te l’hanno sfilato o semplicemente ti è scivolato via.
E perdi il controllo …
Quella voce che ti dice che nulla è più importante, lo sai che non è così ma è l’unica voce che senti. Come quando nella notte non sai che ora sia e l’ora te la decidi tu e magari diventano le quattro di pomeriggio.
E inizia il panico …
Quella cosa che ti fa avere tutto il tempo del mondo ma non lo spendi e se ne va come un treno che non si ferma alla tua stazione, non corre però e se ne va a passo d’uomo. Potresti camminare, ma tu rimani immobile e lo segui con lo sguardo. Quasi non te ne accorgi, ma alla fine vedi che non lo puoi più raggiungere.
E pensi di aver perso tutto …
Come quando senti quella canzone che ascoltavi con la tua ragazza, con il tuo amico o con il tuo compagno di banco.
E loro non ci sono più per ascoltarla con te …
La solitudine ti fa impare che non bisogna imparare da solo, che poi … a chi insegni?  Non ti  puoi insegnare da solo, non tu.
Ma ormai è troppo tardi.
Non c’è speranza nella solitudine.
Almeno non nella tua.
Che è perenne.

Il dolore che non c’è

Come l’isola: Il dolore che non c’è.

Dolore che non puoi condividere, dolore che fa scappare la gente. Dolore che non si vede, dolore che non è il peggiore, dolore che ti fa andare avanti, dolore che ti fa andare ancora avanti, dolore che non si vede negli occhi, dolore che si nasconde per dentro di te.

Dolore che: “anche se lo condivideresti, non lo si potrebbe capire,  non lo si può comunque sentire”. Dolore che sa di un po’ di delusione. Dolore senza colore, dolore senza sapore, dolore pieno di lacrime, dolore che non si può pronunciare, dolore che alla fine si sente, che però non c’è.

… Dolore che non c’è. PUNTO.

La vita è …

Avere tutto sotto controllo, sentirsi sicuri di sè.
Sbagliare, farlo male e non ammettere i propri errori.

Così non potremmo mai rimediare…

 

Rinchiudere la coscienza nel proprio cassetto o nell’armadio del proprio amico.

 

La regola del più forte cambia.
Ormai è la regola del più pericoloso.
Viviamo nella paura, il singolo è diventato troppo importante.

La storia dice chi siamo, ci da appartenenza.
Sicurezza fantasma.

La vita non è ordine, non è sicurezza.
La vita è un dinamismo che porta questa perfezione ultraterrena.

Anima gemella

Cara anima gemella,

ti chiedo scusa ma il mondo sembra avercela con me, ti chiedo scusa se ti ho vista, sorriso ma non ho provato a fermarti, sappi solo che io sicuramente non ti penso più.

Un altro pugno nello stomaco, non ho avuto il coraggio di darti un ciao o chiedere se va tutto bene o chiederti semplicemente l’ora, anche se l’orologio lo porto sempre. Sappi solo che il mondo va in una direzione che io non posso andare. Sarà sicuramente un’altra delle mie scuse, ma non ho il coraggio. Non ho il coraggio che vorrei, non ho il coraggio per cambiare. Mi manca il coraggio e questo da sempre. Sappi anche che io non sono il tipo che hai visto.

Sarà sicuramente stato il meglio per te che io non abbia fatto la prima mossa. Sarà sicuramente stato meglio per te aver trovato la tua anima gemella.

Il diritto che non va troppo diritto

Il d’ritto che è tutto distorto, e distorto tu te lo vai a cercare, e di storte non ne parliamo. Stiamo zitti e tutti zoppi, così che preferiamo andare a zappare, ma siamo troppo pigri e ci diamo allo zapping come se fosse sport Nazionale e diam sempre meno alla Nazione, così che ci rimproverano, ma non sanno che si impoveriscono loro, che la povertà non sta nelle poche monete mal nel poco di tutto resto. Sono così poveri che non hanno neanche il resto da dare, mentre noi diamo tutto il resto e a noi non ci resta più niente a parte tutto il resto che non si può dare. Almeno per ora, finché l’ultima ora non scocca e noi scocchiamo le dita a ritmo e fischiettiamo questa melodia.

Questo diritto che non va troppo diritto, lui va a zonzo di sera sempre un po brillo.

Ce lo danno, ce lo tolgono. Come un regalo di Natale che a Santo Stefano sparisce per poi ritrovarlo l’anno dopo a Natale.

Noi siamo i gattini, tutti carini. Ci addomesticano e ci fanno sentire leoni. Ma la notte se n’è già andata e così siam tutti solo poveri …

 

Tagliarsi le vene mentre tagli la carota. 

Che prima ti prende il dito, ma quello si può rimpiazzare. La carota però non la  tagliata, che il coltello taglia solo quando vuole lui. Perché tu lo sfrutti e gli togli il succo, come fai con la frutta che poi butti via come una pezza lercia che non sa fare più il suo lavoro e la pezza sei tu ora. Così il coltello si rivolge e indovina chi lo tiene nella parte del manico? Panico, tu scappi sanguinando lettere, parole e frasi. Gridi come mai prima e non sai se sia per disperazione o per paura. Diventi sempre più vuoto, non riesci più a dire una parola, non scrivi più quelle ultime lettere che ti fuoriescono. Non le riesci più a mettere a fuoco e ti vorresti dare tu fuoco, ma non ricordi più dove hai messo i cerini che una volta c’erano e ti ricordi della cera che colava dalla candela, ma ora sei tu la candela che cola. Ormai colano sempre meno frasi che volevi scrivere in bianco su nero ma ormai non ci sono più e ti chiedi quel coltello dove sia finito, ma ci ripensi e decidi di riposarti, perché col…tello che vuoi fare la fine del tuo amico che la sua vena creativa l’ha appesa su un chiodo ma si si è dimenticato di levarsela di dosso e ora sul muro c’è rimasto fisso pure lui, come questo chiodo. Si vorrebbe levare come una macchina, non come quest’altro numero fisso e ora fa lui la fine del numero primo. Errore di tanti, di troppe persone che ha perso il conto. Che serve avere numeri infiniti se il conto lo perdi sempre e comunque?

La piega da ferro da stiro

"Ricordi chi eri, prima che ti è stato detto chi dovevi essere?"


Piega, tu piaga, ora ti spieghi, che voglio andare a gonfie vele, ma ora son solo gonfie, gonfie di pieghe, piatte.
Son io così mal destro o è una mala destra che mi addestra? Ammaestrate abitudini, abiti mal stirati, che van appasendo, col tempo che passa malamente.
Oh che malanima mente, che se non fose per me, non si potrebbe spiegare, che le parol non le si hanno ancora inventate.
Finché non si ha definizione non si definisce e finisce definitivamente e la mente inizia a pensare ad altro.
E questa piaga di piega diventa parte del paesaggio, come farebbero le alpi, che noi non osiamo scalare e non pensiamo che questo paesaggio è piano. Ma pensiamo solo al piano da suonare e li suoniamo come fossero citofoni, come cito: ” foni dopo la doccia”.

Per me è una doccia… fredda come questi giorni.